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Brasile a ritmo di Lula

L'Espresso, p. 36-41
Autor: PERRELLI, Gianni
29 de Jan de 2004

Primo Piano
Brasile a ritmo di Lula

A un anno dall'elezione, salgono consenso popolare, ruolo internazionale e Borsa. II presidente brasiliano ha portato dalla sua parte ceti medi e imprenditori. Ha aumentato le tasse per i piú ricchi. E ha varato il programma Fame Zero
di Gianni Perrelli da Rio de Janeiro
Lula leader dei mondo emergente che a Monterrey fronteggia con un sorriso rigato di ironia il volto accigliato di George Bush. Lula in doppiopetto blu che nel palazzo presidenziale di Planalto riceve seriosamente il gotha della finanza compiaciuto per Ia sua ortodossia monetarista. Lula in maglione proletario e con lo sguardo paterno che in Amazzonia stringe ai petto un campesino sfollato dopo un'inondazione. Lula cot berrettino di una bocciofila mentre a San Paolo inaugura una scuola e lancia messaggi populisti sul futuro magnifico e progressivo dei Brasile.
Abbonda di immagini schizofreniche 1'iconografia dell'ex sindacalista che nellautunno 2002, con Ia sua elezione quasi plebiscitaria dopo vent'anni di scomuniche scagliategli dai poteri forti, aveva suscitato messianiche speranze e fobie di rivoluzionari revival. La lulomania, il virus isterico che aveva folgorato questa nazione-colosso di 175 milioni di abitanti (straordinariamente ricca di risorse e nello stesso tempo abbrutita dalla miseria e dal sortosviluppo), stinge nelia rassegnata accettazione dell'impossibilità di compiere miracoli. Luiz Inacio Lula da Silva nel primo anno ha dovuto stringere Ia cinghia per onorare il maxi-prestito di 30 miliardi di dollari con cui il Fondo monetario ha evitato ('incubo della bancarotta. Proprio come il predecessore Fernando Henrique Cardoso che, cercando di contenere Ia spesa pubblica, si esponeva ai suoi sarcasmi. Un sacrificio indispensabile per dimezzare l'inflazione, ridurre gli iperbolici tassi di interesse e rimontare posizioni nella lista nera dei paesi a rischio. A discapito però della crescita dell'economia (Ia dodicesima dei mondo) che non accenna a decollare. E dell'occupazione. Lula aveva promesso otto milioni di posti di lavoro, Ia recessione ha creato un milione in pià di disoccupati, appesantendo Ia situazione sociale. Nel Paranà per nove posti di becchino si sono presentati in 16 mila. Ma le aspettative deluse non hanno affatto intaccato gli indici di gradimento dei presidente venuto dalla fabbrica che negli ultimi mesi hanno toccato addirittura punte del 70 per cento (anche se solo il 40 per cento ritiene che stia facendo un buon lavoro). «Neanche Gesà Cristo», ailarga le braccia un barista di Copacabana, «ha messo d'accordo tutti». Un mistero glorioso che Marcos Coimbra, direttore dell'istituto di sondaggi Vox Populi, cosi analizza: «La gente non ammira solo Ia sua biografia ela sua traiettoria politica. A dispetto dei risultati provvisori, há acquistato maggiore credibilità per il semplice fatto di aver dimostrato che pur con origini umili è perfettamente in grado di guidare il governo di un paese tanto difficile». Soprattutto per I'elettorato pià povero (13 milioni hanno problemi di alimentazione,.52 milioni sopravvivono con il salario minimo di circa 70 curo mensili) sulla disperazione prevale il senso di comune identità con Ia figura del capo. A San Paulo si dichiarano lulisti a oltranza i sottoproletari di Paraisopolis. I'agghiacciante baraccopoli dirimpetto a Morumbi, quartiere d'alta borghesia che trasuda benessere e che difende i suoi privilegi con milizie di vigilantes e sofisticati congegni elettronici. Lulisti, malgrado racimolino pochi spiccioli a giornata, restano anche gli uomini sandwich che si radunano davanti al teatro municipale, trascinando pesanti cartelll con cui domandano e ottrono di tutto, dall'oro ai certificati mediei, dai computer ai posti di portiere di norte, dalia paccottiglia andina e amazzonica ai biglietti dei metro e dell'autobus (li ricevono per spostarsi ma per arrotondare preferiscono rivenderli a prezzo ridotto, sceliendo di andare a piedi). A Rio lulista rimane il popolo delle favelas, ingaggiato, perfino assistito previdenzialmente, dalle cupole dei crimine che garantiscono quelle piccole sicurezze sociali mai garantite dallo Stato. Lulisti sono i nuclei familiari che dormono solto le stelie, stendendo ad asciugare i panni in mezzo ai traffico urbano. Un panorama umano che galleggia sulla precarietà, senza alcun orizzonte di riscatto. Che non si può permettere neanche le occasionissime dei saldi ostentate dalle vetrine dei centro, il corrispettivo di 10 curo per un paio di scarpe, 20 per una camicia. Poveri, ma con ii Dna lulista.
C'è anche l'orgoglio per il nuovo ruolo de) Brasile sullo scacchiere planetario che ingigantisce Ia figura dei leader. Enfatico, sgrammaticato, eppure di assoluto carisma. «Si, Lula I'abbiamo noi », titola entusiasta "O globo", il quotidiano delta dinastia Marinho che ha a lungo frustrato le ambizioni dei sindacalista dipingendolo come un demonio con Ia coda. Oggi il gigante editoriale è spostato su posizioni pià pragmatiche. E esalta il coraggio di Lula che sta spingendo il Brasile al centro delia scena mondiale. Non si prostra in ginocchio davanti agli Stati Uniti. Se ne infischia dell'irritazione di Bush per le sue intese amichevoli con Hugo Chavez e Fidei Castro (Passe dei male). Pratica senza sottomissioni una politica sud-sud che, contro i disegni di integrazione continentale delta Casa Bianca, privilegia gli accordi dei Mercosur con Argentina, Paraguay e Uruguay. Non si oppone ai decreto delia magistratura che, appena Washington introduce I'obbligo delle impronte digitali per i visitatori brasiliani, restituisce pari per focaccia costringendo i turisti americani (130 mila !'armo) fino a otto ore di fila e un pilota maleducato agli arresti. Rivendica, in rappresentanza di tutta l'America Latina, un posto permanente nel Consiglio di sicurezza dell'Onu. Si pone alia guida delle economie dinamiche dei Terzo mondo, stabilendo intese con Ia Cina, 1'India, il Sud Africa. Si batte contro Ia voracità delle multinazionali farmaceutiche ignorando i brevetti e producendo a basso corto i medicinali anti-Aids. Lula gira freneticamente il mondo, vendendo ai quattro punti cardinali I'immagine piìi moderna e efficiente dei Brasile. Dimostrandosi un leader di spessore internazionale. Perdonato anche quando i cascami delta sua natura naïf lo fanno incorrere in clamorose gaffes. Come a Windhoek, asettica capitale delia Namibia (ex possedimento tedesco), dove candidamente ha detto: «Le strade sono cosi pulite che non sembra neppure di essere in Africa».
«II peso politico di Lula», dite Italo Cardoso, un dirigente dei Pt (íl partito ai governo), «va oltre i confino dell'America Latina. Consolida 1'influenza dei paesi che non vogliono pià andare a rimorchio degli interessi delta Casa Bianca, pur rispettando gli orientamenti di que] grande paese». II Pt oggi è un partito che non ha pià nulla di rivoluzionario. Lula, con Ia sua formula delia giustizia sociale nell'ordine e stabilità, ha contraddetto nei fatti il suo passato barricadero: un'eredità che, secondo gli osservatori piei pessimisti, lo avrebbe esposto ai gravi rischi che negli anni Settanta travolsero in Cile Ia presidenza di sinistra di Salvador Allende. Si sforza di rappresentare anche i punti di vista degli imprenditori e degli alto-borghesi, convertiti alia sua prudente navigazione anche se un po' crucciati per 1'aumento delle tasse. Si è alleato con formazioni politiche centriste, o di ispirazione liberal. Superate le malattie infantili della sinistra latino-americana (populismo peronista, settarismo guevarista, autoritarismo castrista) resiste realisticamente agli assalti dei nostalgici che gridano ai tradimento della purezza ideologica. Espelle i suoi figli pià riottosi che si mettono di traverso. Mette nei conto Ia diaspora dei radicali, capitanati da 300 economisti firmatari di un manifesto che prescrive terapie antipadronali. Dissidenti che dipingono Lula, anche per Ia disciplina che manifesta davanti ai diktat dei Fondo monetario, come un presidente di sinistra che attua politiche di destra. Candido Mendes, rettore universitario ed ex compagno di lotte sindacali, nel libro "Lula e l'altro Brasile" attribuisce lo spostamento di rotta all'economia vasta e diversificata dei paese che permetterebbe di trovare pro prio nell'osservanza alie regale delle grandi istituzioni ti nanziarie e ai meccanismi dei mercato globalizzato le risorse per lo sviluppo dei beni di consumo e dei servizi per le aree piei disastrate. La rendita finanziaria dovrebbe cosi funzionare da propellente per Ia crescita economica. Una scommessa che punta tutto sulla democrazia partecipativa. Un circolo virtuoso pià facile da descrivere che da attuare. Ma Lula è convinto che ii tempo gioca in suo favore. Commentando il suo primo anno di governo, non ha schivato lo scoglio insidioso delle promesse disattese. «Per nascere», ha detto seraficamente, «ci vogliono nove mesi, ma per cominciare a camminare ci vuole almeno un altro anno». E ha poi predicato, con un lirismo messianico contestato dalle gerarchie ecclesiastiche, che «né Ia pioggia né il gelo, né il terremoto né Ia cattiva coscienza, né il congresso né ii potere giudiziario, ma solo Dio mi può impedire di riportare il Paese in quelle posizioni di preminenza che non avrebbe mai dovuto smettere di occupare». Non ha mancato, nell'occasione, di rivendicare i primi successi: il boom della Borsa (quasi pià 70 per cento), Ia rivalutazione dei real (20 per cento), Ia riforma deile pensioni che ha aumentato il tetto a 55 anui per le dorme e a 60 per gli uomini, Ia riforma fiscale che per Ia prima volta ha costretto gli industriali e i cosiddetti marajah (i funzionari governativi che guadagnano molto piei di Lula) a pagare imposte in linea coi Toro redditi. Le decisioni strategiche sono prese da un comitato ristretto che oltre a Lula comprende il capo di gabinetto Josè Dirceu (un tessitore carismatico che ai tempi della dittatura passava per un sovversivo e fu compagno di Fidel Castro nella Sierra Maestra), il ministro delle Comunicazioni Luiz Gushiken, quello dei Commercio Luiz Dulci e il responsabile dell'Economia Antonio Palocci, un ex pediatra di origini italiane che ha gettato alie orriche il suo passato trozkista e oggi applíca i canoni dei capitalismo giustificandosi con Ia catastrofica situazione delle finanze statali. Sono anche i compagni di week end in cui Lula organizza grigliate e dopolavoristiche partite di palione. II direttorio ha deciso, per prevenire dispersioni di capitali, di unificare i programmi sociali: con Fame Zero, un faraonico piano da 500 milioni di dollari l'anno che dovrebbe assicurare tre pasti ai giorno a milioni di diseredati; e Analfabetismo Zero, che dovrebbe portare sui banchi gli adulti che non hanno mai studiato e indurre con sussidi le famiglie pie bisognose a mandare a scuola gli adolescente abbrutiti da manovalanze precoci. Poi, I'assistenza sociale alie aree pià depresse, in cui ogni venti famiglie hanno a disposizione un tutore; Ia riforma agraria che dovrebbe distribuire le campagne alie famiglie dei senza terra in subbuglio anche con un governo di sinistra; Ia rete delle farmacie gratuite, disegno mai decollato per mancanza di capitali. Pure sperimentazioni, ai momento, di cui hanno usufruito solo qualche decina di migliaia di individui (soprattutto nel Nord-est). Gocce nel mare di una miseria sterminata.
La terza emergenza, dopo Ia miseria ela sanita, è t'ordine pubblico. Il Brasile è secondo solo alla Colombia nelle classifiche mondiali delia violenza e degli omicidi. Interi quartieri delle metropoli sono in mano alie gang che prosperano sul traffico di droga. Sfrontate ai punto di rubare negli hangar degli aeroclub i jet privati per le consegne delta merce.
L'armata dei crimine è spalleggiata quasi sempre dai poliziotti corrotti. Che per ottenere introiti maggiori, in un surreale capovolgimento di fronte, sono giunti a organizzare un sequestro di delinquenti che li hanno subito denunciati. E per una cultura ipermachista mai superata non esitano a ricorrere alia tortura. Era i disegni dei governo Lula c'è anche una riforma delta polizia pienamente accettata solo dagli Stati periferici di Espirito Santo e Rio Grande do Sul. Per Lula è piá facile muoversi sui palcoscenici niondiali che tra i vicoli di casa.

Fazenderos dAmazzonia
Gli ambientalisti contestano Lula. Perché vuole una autostrada nella regione delle foreste. Perché non ha restituito le terre agli índios. E ha detto si agii Ogm
colloquio con Adriana Ramos di Giaseppe Sizzarrf
Non è stato decisamente un armo dei rutto positivo per ('ecologia brasiliana. Ci sono stati momenti estremamente duri tra il governo e i ràppresentanti deile organizzazioni ambientali (alie elezioni presidenziali sostenneto senza riserve Lula) che per ideologia dovrebbero sentirsi meglio rappresentate da un governo di sinistra. I( clima negativo ha raggiunto I'apice quando Lula ha liberalizzato con un criticatissimo decreto legge l'agricoltura geneticamente modificata. Un provvedimento improvviso ed emesso quando Lula era in viaggio a Cuba. È stato Josè Alencar, il vice presidente, a doverlo firmare. Sicuramente devono esserci stati fino ail'ultimo minuto dei momenti di tensione, in quanto Alencar (un industriale dei settore tessile che ha contribuito in prima linea ad assicurare ai Pt il consenso delta grande imprenditoria) è stato pià di un'ora ai telefono con Lula, prima di sottoscrivere il decreto.
Il vice presidente non era d'accordo con il decreto, come molti altri brasiliani alI'interno dello stesso partito di maggioranza. Tra i ribelli c'era anche Fernando Gabeira, ex guerrigliero durante Ia dittatura militare, figura storica e popolare in Brasile, che si è dimesso. «II governo Lula è incoerente nella sua politica ambientale», protestò Gabeira con Lula, ricordandogli le promesse politiche fatte ai cittadini in piena campagna presidenziale. «L'uscita di Gabeira dai Pt», commentò Denise Amà, segretaria generale dei Wwf in Brasile, «è un indizio chiaro che l'area ambientale non è una priorità per questo governo».
Quindi un'amara delusione per una parte delle forze progressiste, le quali hanno sempre creduto che il Pt fosse fermamente contrario ai semi transgenici e ai prodotti geneticamente manipolati. Ma negli ultimi tempi Adriana Ramos, consulente di politica ambientale nel prestigioso Isa (Instituto socio ambiental) di San Paolo, spiega i termini di quella rottura e anticipa a "L'espresso" che il dialogo è ripreso e i rapporti sono oggi migliorati.
Signora Ramos, come giudica questo primo anno di governo Lula?
«È stato un periodo molto difficile. All'inizio il governo non dimostrava nessuna disponibilità a farci partecipare ai dibattito sulle grandi questioni ambientali. Ora ci hanno concesso un'apertura, ma ancora non abbiamo accesso alia discussione vera e propria».
Qual è il problema che più preoccupa gli ecologisti in Amazzonia?
«È Ia costruzione delia BR-163, una strada in mezzo alia foresta pluviale. Il governo ha intenzione di aprirla per collegare Cuiba, in Mato Grosso, a Santarem, in Amazzonia. L'arteria consentirá il trasporto delia soia prodotta in Mato Grosso e diretta ai porto fluviale di Santarem, dove verrà imbarcata e inviata in Europa, Giappone e Cina. Un progetto che produrrà un grave danno ambientale e non creerà un effettivo sviluppo nella regione, in quanto non genererà - ai contrario di quanto si afferma - molti posti di lavoro.
In più l'urbanizzazione che avrà luogo lungo Ia BR-163 contribuirá ad un'ulteriore devastazione delia foresta amazzonica».
Dove si concentra maggiormente Ia coltivazione di sola transgenica?
«Nel Mato Grosso».
Le piantagioni appartengono a imprese nazionali?
«In maggioranza sono multinazionali, come Ia nord-americana Cardil».
Per quanto riguarda il decreto legge sui prodotti geneticamente manipolati, pensa che il governo farei marcia indietro?
«Assolutamente no. Ormai siamo già nelia fase di regolamentazione dei prodotti geneticamente manipolati. Spero solo che saremo chiamati presto dai governo a lavorare insieme ai loro esperti».
Ci sono altri progetti che preoccupano gli esperti dell'ambiente?
«Siamo molto preoccupati per Ia deviazione delle acque navigabili dei rio San Francisco, nel Nordest. È uno dei fiumi piei importanti e belli dei Brasile. II governo ha fretta di iniziare l'opera senza un accurato studio di impatto ambientale. 1 lavori dovrebbero partire quest'anno. Noi invece riteniamo che se ne dovrebbe discutere prima a fondo».
Per quanto riguarda il disboscamento in Amazzonia che cosa si è falto?
«Si è proceduto a una pianificazione di tutti i problemi inerenti all'abbattimento illegale. Si sono realizzate ricerche su tutti i fronti per predisporre un'azione piei efficace contro i madereiros illegali, i boscaioli che tagliano senza regole».
E sui problemi relativi alia riserva indigena Raposa Serra do Sol in Roraima, dove i fazenderos dovrebbero consegnare le loro proprietà agli indios, che provvedimenti state prendendo?
È una vicenda molto complicara. 1 fazenderos non vogliono proprio mollare. E stiamo ancora studiando Ia strategia per indurre il governo ad accelerare il varo delta legge che dovrebbe introdurre Ia nuova demarcazione dei territorio a favore delle comunità indigene».
Sembra che anche gli indios non sarebbero d'accordo con il tipo di demarcazione che il governo vorrebbe fare in Roraima?
« Non è esattamente cosi. La maggioranza delle aldeias (i villaggi) indigene sono d'accordo non il tipo di pianificazione che vorrebbe fare il governo. Sono una minoranza di indios, corrotta dai fazenderos, che si oppone ai progetto».
Lei pensa che il governo cederei alie pressioni dei proprietari terrieri?
«Non penso proprio. Alcuni giorni fa lo stesso governatore dello stato di Roraima, Flamarion Portela, si è recato a Brasília per persuadere il governo. Ma è tornato a mani vuote, deludendo tutti«.
Oltre alia foresta amazzonica, quali altri ecosistemi sono minacciati in Brasile?
«La foresta atlantica. Soprattutto il serrado, una vegetazione simile alia savana»
In definitiva, perché un governo che sulca carta vi è cosi vicino si è mostrato, almeno all'inizio, tanto sordo alie vostre richieste?
«Forse perché preso da altri gravi problemi, non ha avuto il tempo sufficiente per approfondire le tematiche ambientali. Spero che nel suo secondo anno di vira Lula acceleri il passo anche nell'ecologia».

Neri e discriminati
Secondo un censimento ufficiale dei 1818, il 66 per cento deita popolazione brasiliana era formato da schiavi africani. Oggi quasi Ia meta dei brasiliani sono considerati "negros" e non "pretos" (neri), termine considerato offensivo. Gli afro-brasiliani non sono piú schiavi, ma restano i piú poveri. In Brasile I'esclusione sociale provocata dalla miseria ha radiei nelia negritudine. Lula, se vorrà realmente affrontare Ia questione della miseria, dovrà inevitabilmente occuparsi anche di quella razziale. II ministro della Cultura é Gilberto Gil, descendente afro e primo ministro negro eletto nella storia dei paese. Qualcosa dunque si muove.
«Sono preoccupata per quanto riguarda alcune questioni relative alfa condizione delia minoranza negra», afferma Sonia Maria Barbosa, leader dei Pt a Jardim Donária, periferia di San Paulo. Formazione marxista, ma non atea, è stata Ia prima donna negra n Brasile a diventare presidente di un síndacato. È stata arrestata (lei stessa non ricorda quante volte) durante Ia dittatura militare. «Sono contraria alie quote di accesso garantite ai negri», riprende Barbosa riferendosi a un discusso prowedimento di Lula che vorrebbe privilegíare e garantire alta comunità negra corsie di ingresso privilegiate nelle università brasiliane, un tentativo di ridurre il profondo gap culturale esistente tra bianchi e negri. «È chiaro che ii debito dei paese e dei mondo verso il negro é impagabile e non si può restituirlo attraverso le quote. Siamo in grado di dimostrare da sole Ia capacità di conquistare le università. Credo che le quote pregiudichino Ia nostra lotta, Ia deturpino. Secondo Barbosa, le quote creerebbero solo una forma di razzismo ai contrario. La cronaca le dá ragione: a Salvador di Bahia alcuni studenti bianchi hanno occupato Ia facoltà di una università: protestavano contro le quote indicandole come una discriminazione nei loro confronti, in quanto gli studenti bianchi sarebbero una netta mínoranza nello Stato di Bahia. La questione razziale è ancora una ferita aperta nella multirazziale società brasiliana. «Nel nostro paese non si rispetta l'uguaglianza», dice Barbosa, «ed esiste un razzismo camuffato. Quello che é stato fatto in 500 anni, non si pud cambiare con il mandato di un solo governo». Barbosa è contraria anche all'istituzione di una tassa pubblica per finanziare progetti per sole negri: «Abbiamo comunità emarginate formate sia da bianchi che da negri. L'imposta per gli strati sociali piú disagiati è giusta, ma non è necessario discriminare. Se istituita, automaticamente saranno proprio i negri a goderne, in quanto, di fatto, fra i poveri sono Ia maggioranza».
Giuseppe Bizzarri

E liberaci dalla fame
Carlos Alberto Libânio Christo, 59 anni, il frate domenicano meglio conosciuto in Brasile come Frei Betto (teorico delta teologia delta liberazione e autore di una famosa intervista a Fidel Castro), è di nuovo accanto ai vecchio amico Lula nella lotta contro Ia fame in Brasile. Sono circa 54 milioni i brasiliani che quando si alzano Ia mattina non sanno se quel giorno mangeranno. È stato proprio il presidente Lula a porre il domenicano Betto, cuoco provetto (ha cucinato per Chavez e Castro, oltre che per il presidente brasiliano) alia guida dei progetto sociale chiamato Fame Zero. Oltre a sfamare, il programma ha l'ambizioso intento di portare educazione, salute e sviluppo a circa 50 milioni di poveri.
Frei Betto è recentemente tornato in Brasile da un viaggio in Italia e Spagna dove si è recato per cercare fondi. Attraverso il coordinamento di alcune Ong e delta Chiesa cattolica, I'instancabile frate ha ottenuto in questi due paesi circa 200 mila euro. La regione Toscana, in particolare, si è impegnata a costruire mille cisterne d'acqua in Brasile. Nel viaggio in Europa, il carismatico domenicano ha tenuto una ventina di seminari dove ha spiegato ai potenziali patrocinatori che Fame Zero è «molto piìi che un programma di distribuzione di tessere alimentari.. Durante le conferenze ha anche difeso Ia tesi delta «globalizzazione della società in contrapposizione alla globo-colonizzazione». Frei Betto tornerà in Europa a febbraio per partecipare a una nuova maratona di conferenze. Questa volta a organizzare la visita in Svizzera e in Germania sarà la Caritas. G. B.

LEspresso, 29/01/2004, p. 36-41

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